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iura novit curia decadenza e processo tributario PDF Stampa E-mail
Controlli e contenzioso
Scritto da Raffaello Lupi   
Sabato 27 Settembre 2014 09:47

La corte di cassazione, in varie note sentenze, ha lanciato il cuore al di là dell'ostacolo , consentendo al giudice di attribuire un diverso fondamento alla pretesa del fisco; è avvenuto  sull'abuso del diritto/elusione, ma può riguardare anche questioni di diritto in generale, e persino

questioni definibili "di fatto valutativo" , come valori normali o transfer pricing. Per tanti profili è una tendenza criticabile, ma gli studiosi devono cercare di razionalizzarla , cioè di capire gli argomenti giuridico-istituzionali sottostanti, che magari i giudici intuiscono, ma non esprimono nelle motivazioni. Ricordiamo infatti che i giudici hanno il compito di decidere bene, non di sistematizzare a 360 gradi, sul piano generale, le esigenze contrastanti che si sono puntualizzate nel caso di specie. Bisogna smettere di scambiare se sentenze con piccole monografie o con articoli giuridici, e lo stesso vale ovviamente per i verbali e gli accertamenti degli uffici. Che hanno il compito di determinare l'imposta, mentre i giudici devono stabilire se il relativo atto è viziato, il che qualche volta può avvenire perchè appare chiara, sotto ogni profilo, l'infondatezza e l'illegittimità della pretesa tributaria. Qualche volta però la contestazione fiscale, pur non motivata o erroneamente formulata in punto di diritto, si riferisce a un evento che, agli occhi del giudice, avrebbe potuto essere censurato con argomenti giuridici diversi o addirittura con diversi argomenti di stima, per quanto riguarda il c.d. "fatto valutativo". Il giudice, a questo punto, sa bene che, annullando l'atto impositivo, una pretesa fiscale probabilmente corretta verrebbe definitivamente vanificata, e sostanzialmente sarebbe premiato un evasore. Questo perchè l'ufficio, essendo decorsi i termini di decadenza,  non è più in tempo per emettere un nuovo atto impositivo, più mirato, sulla stessa fattispecie. Un rimedio è la c.d. "impugnazione merito" , in cui rientrano anche le tendenze suddette, provocando però sentenze "a sorpresa" , saltando gradi di giudizio, e rivelando una pericolosa supplenza del giudice all'ufficio tributario. Tutto a fin di bene, per il prelievo della giusta imposta, ma con gli stessi inconvenienti descritti su dialoghi per i vizi formali. Il prezzo per non vanificare pretese tributarie in ipotesi giuste è quindi il sacrificio parziale di certezza del diritto, terzietà del giudice e garanzie procedimentali. Per carità, forse anch'io avrei deciso nello stesso modo, pur di non avallare il trucco avvocatesco di censurare un atto sostanzialmente corretto, ma emesso con vizi procedurali oppure sorretto da argomenti giuridici scelti male. E' da chiedersi se un assetto più logico non sarebbe quello dell'"interruzione della decadenza" , già sperimentata dalla cassazione a proposito dei coobbligati solidali, nel senso che l'atto tempestivo può essere rinnovato , anche oltre il termine, sanando vizi formali, oppure aggiustando il tiro sulle argomentazioni giuridiche di sostegno, ferma restando l'operazione contestata, e senza ulteriori poteri investigativi e istruttori degli uffici. La soluzione civilistica è vicina al principio "iura novit curia" e alla tradizione del processo civile, dove i vizi di forma, e il giudicato "di rito" non impediscono di riproporre l'azione , mentre il giudice non è vincolato dall'inquadramento giuridico della pretesa, effettuato dall'attore; vale il "narra mihi factum dabo tibi ius", il che in diritto tributario  dovrebbe essere rideclinato come limitata portata preclusiva della motivazione dell'avviso di accertamento . La cui tempestiva emanazione salverebbe l'ufficio dalla decadenza sulle questioni oggetto di rettifica, consentendogli, in quanto istituzione, quel reinquadramento giuridico della pretesa che nel processo civile spetta al giudice. Non ci sarebbe quindi possibilità di muovere "altre contestazioni" nei soli limiti quantitativi dell'imposta accertata, come fu assurdamente sostenuto da autori soprendentemente presi sul serio ancora oggi. La contestazione deve rimanere quella, ma i vizi formali possono essere sanati e gli argomenti giuridici messi a punto, anche dall'amministrazione. La cassazione ha insomma istintivamente adattato lo "iura novit curia" del diritto civile, al contesto  amministrativistico del diritto tributario, che funzionerebbe meglio nel senso indicato sopra.

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