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Home Sanzioni Cosa si "confisca per equivalente"nell'omesso versamento di imposte dichiarate?
Cosa si "confisca per equivalente"nell'omesso versamento di imposte dichiarate? PDF Stampa E-mail
Sanzioni
Scritto da Raffaello Lupi   
Mercoledì 06 Gennaio 2016 12:19

 La sentenza della cassazione penale, riportata in calce, conferma che spesso la legislazione, sulla determinazione dei tributi, non risolve i problemi, ma li provoca, spinta dal bisogno politico-istituzionale di mostrare di avere fatto qualcosa

su problemi comunque irrisolvibili per legge. E' accaduto questo a proposito dell'evasione da riscossione (paragrafo 6.11 del manuale di diritto amminstrativo dei tributi scaricabile qui  http://didattica.uniroma2.it/files/index/insegnamento/154806-Diritto-Tributario), originariamente punita (decreto legislativo 74-2000) solo per chi "occultava" il patrimonio per sottrarlo all'esecuzione forzata; successivamente l'emotività delle "frodi carosello" IVA, dove si consentiva a terzi di detrarre IVA senza alcuna intenzione di versarla hanno indussero a una criminalizzazione superficiale e inconsulta degli omessi versamenti IVA; fu una criminalizzazione fatta tanto per dire qualcosa in conferenza stampa, visto che gli emittenti di fatture per frodi carosello erano comunque punibili eventualmente anche come truffa ai danni dello stato, ma nessuno li ha mai presi, nè avevano qualcosa da perdere. La criminalizzazione degli omessi versamenti ha invece colpito, nella sua indeterminatezza, anche di chi era in semplice difficoltà finanziaria, e senza alcuna intenzione di rendersi nullatenente. E' nata una enorme confusione tra "evasione" e "mancato versamento di imposte dichiarate", con la sentenza che segue addirittura riferita a una fantomatica "non punibilità" di una imprecisata "evasione di sopravvivenza" (vedi qui http://www.imolaoggi.it/2016/01/04/imprenditore-non-paga-le-tasse-salvato-dal-giudice-e-evasione-di-sopravvivenza/ ). Ancora una volta la legislazione ha solo aumentato la confusione e creato una enorme perdita di tempo. Qui dobbiamo distinguerci da chi -come ritornello- chiude gli articoli invocando un "risolutivo intervento del legislatore". Noi invece gli chiediamo in ginocchio di starsene buono in quanto per "sistemare" qualcosa la deve prima capire. E se non c'è qualcuno in grado di spiegargliela è meglio che il legislatore, invece di abbozzare interventi risolutivi, vada a farsi una passeggiata. Altrimenti perde e fa perdere tempo, ai PM, agli uffici, ai giudici, agli avvocati (parcelle a parte) e agli imputati. Divertente poi la ricerca del profitto per un reato consistente nel mancato pagamento di un debito che non si disconosce, ma anzi si ammette e si promette di pagare in futuro. Il reo ha forse conseguito un "profitto" pari al debito? Forse pari agli interessi risparmiati, e che comunque sborserà in futuro! Su alcuni reati la confisca per equivalente ha indubbiamente senso compiuto, ed è opportuna, ma questo non vuol dire che ce l'abbia sempre e in ogni caso. La legge sarà pure "onnipotente", ma alla lunga il ragionamento lo è di più.

 

Sentenza n. 49666 del 17 dicembre 2015 (ud 16 settembre 2015) - della

 

Cassazione Penale, Sez. III - Pres. SQUASSONI Claudia - Est. ROSI Elisabetta

 

                           REPUBBLICA ITALIANA

 

                       IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

                       LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

                           SEZIONE TERZA PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. SQUASSONI Claudia       - Presidente   -

 

Dott. MULLIRI   Guicla       - Consigliere -

 

Dott. ROSI     Elisabet - rel. Consigliere -

 

Dott. GENTILI   Andrea       - Consigliere -

 

Dott. SCARCELLA Alessio       - Consigliere -

 

ha pronunciato la seguente:

 

                                 sentenza

 

sul ricorso proposto da:

 

C.C. N. IL (OMISSIS);

 

avverso l'ordinanza n. 7/2015 TRIB. LIBERTA' di PESCARA, del 31/03/2015;

 

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;

 

sentite le conclusioni del PG Dott. Gioacchino Izzo, che ha chiesto il

 

rigetto.

  

RITENUTO IN FATTO

 

1. Il Tribunale di Pescara, con ordinanza del 31 marzo 2015, ha rigettato

 

la richiesta di riesame proposta da C.C., indagato del reato p. e p. dal

 

D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter, in relazione all'omesso versamento del

 

tributo IVA per l'anno 2011, avverso il provvedimento di   sequestro

 

preventivo emesso dal G.i.p. in data 16 gennaio 2015, ex artt. 321 e 322 ter

 

c.p.p., sulle disponibilità liquide della società Maiella e Morrone srl, in

 

House Proveding, nonchè sui beni del C. sino alla concorrenza del valore di

 

Euro 167.896,00.

 

2. Il ricorrente per il tramite del proprio difensore, ha proposto ricorso

 

per cassazione chiedendo l'annullamento del provvedimento per i seguenti

 

motivi:

 

1) Violazione di legge ex art. 325 c.p.p., in relazione all'art. 321

 

c.p.p., e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter, per omessa motivazione in

 

merito al fumus del delitto di cui si tratta, senza fornire alcuna risposta

 

alle doglianze evidenziate con l'impugnazione, laddove erano state allegati

 

documenti, ivi compresa una nota esplicativa a firma del consulente

 

aziendale Dott. Velluto, che consentivano di affermare che l'indagato fosse

 

impossibilitato ad assolvere all'obbligazione tributaria per crisi di

 

liquidità, crisi allo stesso non imputabile;

 

ciò in quanto la società ha operato nel settore delle   pubbliche

 

amministrazione ed ha sofferto cronici ritardi nei tempi di pagamento delle

 

relative fatture, mentre si era andata ad accumulare una pesante situazione

 

debitoria nei confronti dell'erario per omessi versamente delle varie

 

imposte; nell'anno 2011 erano state attivate rateizzazioni con Equitalia spa

 

per debiti di imposta relativi al periodo 2005-2008 ed in relazione agli

 

anni di esercizio 2009-2011 la società andava ad accumulare crediti per

 

3.859.500 Euro. Tutti gli allegati elementi a discarico sono stati ignorati

 

dal Tribunale del riesame, che non ha neppure spiegato le ragioni che ha

 

posto a sostegno della propria decisione di mantenere il vincolo reale, il

 

quale ha omesso la motivazione o comunque svolta in maniera meramente

 

apparente;

 

2) Violazione di legge in relazione all'art. 321 c.p.p., con riferimento

 

alla determinazione del quantum sottoposto a sequestro, in quanto la difesa

 

aveva allegato il prospetto di rateizzazione per il debito IVA inerente

 

all'anno 2011, oggetto dell'imputazione, affinchè il Tribunale del riesame

 

rideterminasse le somme sequestrabili per equivalente in ragione della

 

riduzione del debito tributario, il Tribunale avrebbe pertanto dovuto

 

ridurre l'entità del sequestro preventivo.

  

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. Va innanzitutto affermata l'infondatezza del secondo motivo di ricorso,

 

in quanto non può essere dato rilievo, in sede di riesame del provvedimento

 

di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, all'accordo per la

 

rateizzazione e ai conseguenti pagamenti parziali effettuati dall'indagato,

 

come affermato dalla giurisprudenza (cfr. Sez. 3, n. 10826 del 27/11/2013,

 

Ricatti, non mass.); infatti solo che la restituzione all'erario del

 

profitto derivante dal reato elimina in radice lo stesso oggetto sul quale

 

dovrebbe incidere la confisca, ciò in quanto la sanatoria della posizione

 

debitoria con l'amministrazione finanziaria fa venir meno   lo   scopo

 

principale che si intende perseguire con la confisca (si veda Sez. 3, n.

 

10120 del 1/12/2010, Provenzale, Rv. 249752).

 

2. Quanto al primo motivo di ricorso, lo stesso è, di contro, fondato.

 

Deve essere ricordato che il ricorso per cassazione contro le ordinanze

 

emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di

 

legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando"

 

o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere

 

l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto

 

mancante o privo dei requisiti minimi di   coerenza,   completezza   e

 

ragionevolezza (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv.

 

239692). Il controllo operato dai giudici di legittimità, in sintesi,

 

investe la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo

 

del provvedimento (in tal senso, Sez. 6, n. 3529 dell'1/2/1999, Sabatini,

 

Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104).

 

3. Orbene, nel caso di specie, a fronte di una argomentata censura

 

avanzata dal ricorrente innanzi al Tribunale del riesame, corredata da ampie

 

allegazioni documentali, l'ordinanza impugnata si è limitata a riassumere

 

gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, citando ampi stralci

 

motivazionali delle decisioni di questa Corte in materia di sequestro

 

preventivo nei reati tributari ed alle problematiche di liquidità.

 

4. Invero, un tema omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, la

 

giurisprudenza di legittimità ha affermato la necessità che risulti che il

 

soggetto obbligato al pagamento abbia adottato tutte le iniziative per

 

corrispondere al pagamento e che la crisi di liquidità non sia allo stesso

 

imputabile, per renderlo esente da responsabilità per insussistenza del

 

profilo soggettivo del reato (cfr. Sez. 3, n. 2614 del 6/11/2013, Saibene,

 

Rv. 258595).

 

Peraltro in seguito la giurisprudenza ha sottolineato la necessità che

 

venga esaminata la sussistenza (e nel caso di misure cautelari reali, per la

 

sussistenza del fumus delicti) dell'elemento psicologico   del   reato,

 

costituito dal dolo della condotta omissiva tipizzata (pagamento del debito

 

IVA nei termini previsti dalla legge) (in tal senso Sez. 3, n.15176 del

 

6/2/2014, Iaquinangelo, non mass. e Sez.3, n. 40352 del 16/7/2015, Dorio,

 

non mass) che non può che esigere quale presupposto l'esistenza concreta

 

della possibilità di adempiere il pagamento.

 

5. Sul punto l'ordinanza impugnata non ha fornito una risposta se non

 

meramente apparente, alle doglianze avanzate con il   riesame   e   di

 

conseguenza, attesa la carenza motivazionale, la stessa deve   essere

 

annullata con rinvio al Tribunale di Pescara per nuovo esame.

  

P.Q.M.

 

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Pescara.

 

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2015.

 

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2015

 

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