Cosa aspettarci dall'accademia? Stampa
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Teoria della tassazione
Scritto da Raffaello Lupi   
Venerdì 24 Gennaio 2014 21:21

Le abilitazioni scientifiche nazionali del diritto tributario sono passate, e non me ne importano gli aspetti spartitori, che ci sono in tutte le materie. C'è piuttosto una conclamata, manifesta, indifferenza rispetto ai contenuti, che premia chi

parla senza dire nulla, ma in modo sussiegoso, pedante, paludato, inconcludente, tortuoso, soprattutto complicando le cose semplici. La tecnica per non sbagliare mai è infallibile: stare apparentemente in tema senza dire nulla, divagando in modo prolisso e sfuggente tra una legge, una sentenza e uno stralcio di dottrina, sottraendosi all'accusa di stare farneticando, e potendo accusare il critico di essere lui a non capire. E' il latinorum con cui Don Abbondio cercava di confondere Renzo Tramaglino, e che in una comunità scientifica significa mistificazione, imbroglio, impostura, frode intellettuale verso la collettività. Cui va imputata la maggiore responsabilità della crisi di una funzione pubblica che è fondamentale oggi, per la coesione sociale del paese: mi riferisco  alla funzione di determinare la ricchezza ai fini tributari, in un complicato intreccio tra diritto amministrativo, tecnica aziendale, diritto civile, economia e varie altre scienze sociali, dove la classe dirigente ha bisogno di studiosi  dedicati. Altrimenti, da una paralisi del ragionamento derivano danni sociali giganteschi per il Paese, come indicavo  qui già due anni fa. Rispetto a questi danni passa in secondo piano la mortificazione di alcuni  giovani studiosi, colpevoli parlare dicendo qualcosa, anzichè sussiegose e paludate litanie su chissà quali significati reconditi dei "materiali normativi", come il resto dell'accademia. Eppure la mortificazione di questi  pochi è l'altra faccia della mortificazione del paese da parte di una accademia di morti al ragionamento, che non riesce ad essere di supporto alle classi dirigenti e alla pubblica opinione. Che girano a vuoto, che si lacerano attorno al problema della determinazione della ricchezza ai fini tributari. A differenza dell'accademia capiscono il problema, usano il cervello e danno risposte sensate, ma riduttive a questioni complesse, che hanno bisogno di studiosi dedicati. La principale difficoltà del diritto tributario è quella di coordinare le diverse forme di determinazione della ricchezza, avendo sullo sfondo una funzione amministrativa.  A questa elementare intuizione mi sembra che l'accademia sia sempre più irrecuperabile; al di là della buona fede  di  singole persone, l'accademia sembra essersi scientificamente auto-decerebralizzata. Sembra che i giovani, all'inizio normali, vengano poi risucchiati in una giravolta di sproloqui dottrinal-normativi senza capo nè coda. Perdendo piano piano la capacità di riflettere sulla determinazione della ricchezza, sulla sostanza, sull'attività amministrativa, sulle valutazioni, sul senso di  quello che fanno. Per esibirsi invece in una litania di frasi non impegnative, nè vere nè false, impossibili da confutare, come in questo generatore automatico di espressioni solo apparentemente provviste di un filo  conduttore. Non sono le spartizioni ad aver ucciso nella culla l'accademia del diritto tributario, ma l'indifferenza per i contenuti.

Bisogna quindi ripartire dai contenuti, da cogliere e riproporre alla classe dirigente, alla pubblica opinione, al paese, per la coesione sociale, lo sviluppo, la serenità. Bisogna costruire un polo di aggregazione per arginare l'epidemia di paludati discorsi senza senso, presentati come scientifici. Bisogna smettere di temere di non aver capito qualcosa. Bisogna cominciare a capire che, nelle scienze sociali, il discorso oscuro è un problema o un imbroglio dell'autore, non una inadeguatezza del lettore.  Bisogna rispettare tutte le idee, quando sono idee, ma sradicare senza pietà la mancanza di idee spacciata per scienza da chi parla senza dire nulla. Nelle scienze sociali le idee si rispettano tutte, purchè ci siano, ma la vera infezione sono i discorsi eruditi e sussiegosi di chi parla senza dire nulla. Questi discorsi vanno chiamati come si meritano. Bluff, mistificazioni, imbrogli, imposture. fate voi.  Ma è il minimo che possiamo fare. Il disorientamento è diffuso nell'accademia, e la morte mentale dilaga. La morte fisica e la morte mentale però sono diverse. Nel primo caso il corpo diventa subito tecnicamente "carogna". La morte mentale per via di un metodo insensato, se si conserva un pò di buona fede, si può superare. Iniziando a ragionare, senza diventare carogne, e cercando di  svolgere il proprio ruolo per la collettività. Che non è la didattica, ma l'organizzazione delle riflessioni della pubblica opinione sul settore di nostra competenza.

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