Nullità dei condoni IVA: il panprocessualismo della tassazione colpisce ancora |
Particolarità IVA | |||
Scritto da Administrator | |||
Giovedì 01 Ottobre 2009 00:00 | |||
Due sentenze della cassazione (eccone una, ma sono uguali), composte in gran parte di parafrasi della sentenza della corte di giustizia sulla illegittimità del condono IVA, estende questa affermazione a ogni forma di condono considerando illegittimo comunitariamente il condono del 1991, con buona pace della stabilità dei rapporti giuridici, dell'affidamento e di tanti altri profili .
che si trovano prima di tutto nel buonsenso. Non c'è insomma una parola per motivare quali debbano essere le conseguenze della contrarietà del condono al diritto comunitario, si parla di "discrezionalità amministrativa" (sic) dei legislatori nazionali, c'è una palese grossolanità argomentativa (al 95 percento la sentenza è fatta di parafrasi, e per il resto è formata da stereotipi del tutto apodittici, in cui si straparla, oltre che di condono tombale, anche di sanzioni, di altri provvedimenti di sanatoria). E' un riflesso della mancanza di riflessione sulla tassazione, dove ogni istituzione diventa una scheggia impazzita in assenza di una visione di insieme, senza una padronanza delle conseguenze, delle illogicità, delle contraddizioni, dei problemi e degli interrogativi che si creano, dei disorientamenti. E' un riflesso della degradazione delle riflessioni e di una esaltazione dei materiali, in cui non si dice per quale motivo si è presa davvero una decisione, ma si dice "perchè c'era un materiale", una sentenza della Corte di Giustizia, un comma di un decreto legge. Comandare senza motivare, è il massimo. Senza una teoria ognuno usa il proprio potere secondo quanto gli viene in mente lì per lì , e se ne compiace, anche a costo di seminare incertezza. Attraverso il rifeirmento a una normativa europea, su cui il legislatore interno non può influire, la cassazione si mette al di sopra della legge. Si crea così un miscuglio ingovernabile, dove ci guadagnano solo quelli che possono nascondere.
|
Commenti
Sono ben consapevole della parziale diversità dei casi, ma si potrebbe forse sostenere (senza per questo rinunciare alla corrette e condivisibili critiche avanzate da Lupi sull' eccessivo appiattimento di queste sentenze sui "materiali", senza che venga fornita alcuna adeguata spiegazione che renda la decisione comprensibile ed il diritto, di cui si proclama di fare applicazione, “vivo” ed "adeguato" alla realtà dei fenomeni che si vogliono disciplinare) che i giudici della Corte di Cassazione - nel porsi il problema della tutela del cittadino che abbia fatto affidamento su una normativa nazionale che concede un certo beneficio in materia di rinunci ai controlli Iva (poi dichiarato illegittimo in quanto contraria alla normativa comunitaria) - abbiano ritenuto che l’affidamento ingenerato nel soggetto privato dalle norme nazionali sul condono Iva (contrarie alla normativa comunitaria) non fosse degno di tutela, in quanto recessivo rispetto all’opposto principio comunitario di non affidamento sulle norme interne che concedano un beneficio fiscale contrario alla normativa comunitaria (una sorta di "ignorantia legis non excusat" in materia di concessioni di benefici contrari al diritto comunitario) .
Ebbene, se si riconosce la legittimità del suddetto principio affermato dalla Corte di Giustizia Europea ( mi sembra , inoltre, che un analogo principio sia stato anche affermato in un recente caso relativo ai limiti del c.d. giudicato esterno nazionale in materia di Iva, ove contrario al superiore diritto comunitario nella causa C-2/08), le conclusioni (implicite) della Corte di Cassazione - in termini di mancata rilevanza della tutela dell’affidamento del cittadino che abbia confidato sui benefici offerti dal condono Iva (contrario alla normativa comunitaria) - dovrebbero considerarsi necessitate , posto che tale conclusione è frutto della conseguenza del primato del diritto comunitario sul diritto interno fatta propria dal legislatore italiano in accordo con l’art. 11 Cost.
Inoltre, vertendo la questione in esame sulla negazione di benefici (previsti dalla normativa interna ma contrari al diritto comunitario) e non sulla creazione di nuovi “obblighi” (previsti dal diritto comunitario ma non previsti dalla normativa interna), credo che questa soluzione sia conforma anche alla precedente giurisprudenza della CGE, in cui si è precisato che la diretta applicabilità del diritto comunitario ed il principio della interpretazione conforme non possono spingersi fino al punto che «al singolo venga opposto un obbligo previsto da una direttiva non trasposta» (sentenza 26 settembre 1996, C-168/95, Procedimento penale a carico di Luciano Arcaro, 12 dicembre 1996, X, in cause riunite C 74/95 e 129/95; sentenza 7 gennaio 2004, Montres Rolex S.A e al., C-60/02).