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Home Tassazione internazionale Il tesoro degli Agnelli è "verosimile", quindi niente estorsione per Margherita
Il tesoro degli Agnelli è "verosimile", quindi niente estorsione per Margherita PDF Stampa E-mail
Tassazione internazionale
Scritto da Raffaello Lupi   
Sabato 12 Ottobre 2013 18:08

A proposito di evasione internazionale e soldi all'estero (grandi evasori per intenderci) i PM di Milano hanno archiviato la denuncia dell'avvocato Gamna, secondo cui Margherita Agnelli e i suoi legali avrebbero tentato di estorcergli (reato appunto di estorsione) dichiarazioni

infondate per ottenere un vantaggio ingiusto...beh l'archiviazione non riguarda la falsità delle pressioni, ma il "fumus" che il vantaggio non fosse ingiusto, almeno nella percezione dell'erede Agnelli...essendo verosimile che un altro miliardo e passa di soldi all'estero esistesse davvero...Abbiamo trovato in rete la richiesta di archiviazione, che alleghiamo qua per la parte rilevante, sul patrimonio dell'Avvocato. Resta da chiedersi come si fosse formato, ma sul punto bisogna tornare al tema dell'"evasione attraverso le aziende". Che non hanno alcun bisogno personale di nascondere ricchezza al fisco, ci mancherebbe altro. Però per i loro padroni non è proprio la stessa cosa. Dovremmo fare l'accertamento sintetico post mortem all'avvocato , incorciando le dichiarazioni e egli altri incrementi patrimoniali alla luce del sole, con il relativo patrimonio. Ma ecco l'articolo del corriere della sera...mica lotta continua ..ed è anche mezzo "di famiglia"

 

Milano La contesa sull'accordo del 2004

Eredità di Agnelli, il giudice archivia le accuse a Margherita

Patrimonio estero «Verosimile l'esistenza di 800-1.000 milioni di euro dell'Avvocato occultati al Fisco»Rogatorie a vuoto «Vanificati i tentativi di fare luce sui trust dalla non collaborazione di Liechtenstein e Svizzera»

MILANO ? «Non si può ritenere in alcun modo provato che Margherita Agnelli avesse consapevolmente chiesto all'avvocato Emanuele Gamna di dire il falso» sull'eredità del patron della Fiat, perché «le complesse indagini della Procura di Milano, attuate e anche tentate, inducono a ritenere verosimile l'esistenza di un notevolissimo patrimonio del defunto Giovanni Agnelli rimasto occultato al fisco italiano e anche alla figlia, e a giustificare la convinzione di Margherita Agnelli dell'esistenza di "patti" diretti a marginalizzarla nella divisione successoria poi sfociata nell'accordo del 2004»: con questa motivazione la giudice Cristina Mannocci ha archiviato la selva di denunce e controdenunce scaturita dalla divisione dell'eredità di Agnelli (morto il 24 gennaio 2003) con la rinuncia nel 2004 della figlia Margherita alle partecipazioni nelle società di famiglia in cambio di 1 miliardo e 166 milioni di euro tra cash e immobili e opere d'arte. Di questo accordo Margherita Agnelli nel 2007 impugna la validità, tacciando tre storici collaboratori di suo padre (Franzo Grande Stevens, Gianluigi Gabetti, Siegfried Maron) di voler ? scrive il giudice ? «privilegiare il ruolo di suo figlio John Elkann, nonché tenerle celato un immenso patrimonio offshore accumulato e nascosto negli anni dal padre»: ma Tribunale e Corte d'Appello di Torino bocciano la sua azione nel 2010 e 2012. A Milano, intanto, il suo ex avvocato Gamna da un lato incassa una pena per aver evaso 13 dei 15 milioni di parcella («singolarmente pagata dalla controparte» benché per attività nell'interesse di Margherita), e dall'altro lato la accusa di aver tentato di ricattarlo se il legale non avesse deposto a suo favore a Torino. Ma Margherita, ravvisa ora il giudice Mannocci, «non ha perseguito un intento estorsivo» ma «semplicemente una legittima pretesa alla ostensione completa del patrimonio paterno». E qui il giudice richiama due punti della richiesta di archiviazione dei pm Fusco e Ruta. Il primo è Paolo Revelli, ex manager di Morgan Stanley, che «afferma d'aver sempre saputo che nella filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile a Giovanni Agnelli tra gli 800 milioni e il miliardo di euro, fiduciariamente detenuta attraverso molteplici conti da Maron». Il secondo è il sequestro di «un regolamento supplementare dello statuto della Fondazione Alkyone a Vaduz, recante i nominativi dei suoi Protectors, Giovanni Agnelli, Gabetti, Grande Stevens e Maron»: è «alla struttura e alla composizione dei trust nel tempo confluiti in questa Fondazione che John Elkann avrebbe fatto riferimento asserendo testualmente, come riferito da Gamna, "non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate"». Anche «i tentativi di fare luce su queste entità e sui soggetti che le avevano mosse sono stati vanificati, in Liechtenstein come in Svizzera, dalla mancata collaborazione della locale autorità giudiziaria». E le rogatorie «sono state respinte sulla base dell'assunto, non del tutto condividibile, che avessero esclusive finalità fiscali».lferrarella@corriere.itRIPRODUZIONE RISERVATA

Ferrarella Luigi

Pagina 20
(04 luglio 2013)

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