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Una teoria per i tributaristi

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Home Tassazione societaria ACE: la candeggina per lo sviluppo?
ACE: la candeggina per lo sviluppo? PDF Stampa E-mail
Tassazione societaria
Scritto da Raffaello Lupi   
Domenica 11 Dicembre 2011 09:56

la vita è una questione di priorità, e la politica tributaria anche. Quello di cui  avevano bisogno le aziende, il fisco, l'opinione pubblica, lo sviluppo, era un riconoscimento del ruolo delle aziende di esattori  del fisco. Invece assistiamo a una ennesima riproposizione di

 

un istituto astratto, libresco, che per carità ci poteva anche stare , ma che sposta poco e soprattutto  non era dettato da ragioni di urgenza, quando annibale sembrava essere alle porte. Per chi non l'avesse intuito è la riedizione della DIT , la tassazione nozionale sul rendimento figurativo del capitale, che io forse non avrei introdotto nel 1997, ma una volta introdotta non avrei tolto nel 2001, e una volta tolta non avrei rimesso, almeno  nelle emergenze del decreto salva italia di fine 2011. E' una specie di tira e molla, un minuetto concettuale che prende molto tempo, ed è poco alla portata della nostra scarsa familiarità con la tassazione attraverso le aziende, come era per istituti ipertecnici, come  la thin cap o la stessa pex, anche se meno complessa del precedente sistema dei basket..

Soprattutto, l'ace non era urgente  in una fase dove i redditi di capitale vengono  tassati al venti per cento, e l'aliquota sui  redditi societari è del ventisette. QUindi la forbice, che giustificava la DIT del 1997, si è enormemente ridotta. Da una seconda lettura del provvedimento è emersa essere una agevolazione completa degli utili reinvestiti relativi agli investimenti incrementali di capitale, ma comunque è macchinosa lo stesso.

Valeva la pena di mettere in cantiere un provvedimento che comporta costi di assorbimento mentale, di confezionamento e vivaddio di comunicazione , su queste premesse?

Se le energie sono poche, i tempi sono  stretti, si potevano  risparmiare energie per altre priorità non per un istituto  erogato in modo dirigista , senza che fosse davvero  richiesta dalle aziende. Allora questa ACE serve solo a dire in conferenza stampa che si è fatto  qualcosa per lo sviluppo, per farsi  belli in conferenza stampa, proprio  come le lenzuola candide con ACE della zia marta dell'omonima candeggina, qui in versione crozza-broncoviz, qui in versione paolo hendel , qui in versione scurrile sempre da youtube . Effettivamente la protagonista ha quel tono un pò saccentino  che si addice a un governo professorale.

Il problema dello sviluppo non è la differenza di regime fiscale tra redditi di impresa e di capitale, ma il dilagare della burocrazia, e l'ace crea nuova burocrazia , nuovi rilievi antiabuso, nuovi processi verbali di disquisizione, nuovi incubi oltre a quelli che stanno sommergendo le aziende su quello che registrano. Confermando che, così come in bocca chiusa non entran mai mosche,  su ricchezza nascosta non si fanno processi verbali di disquisizione. Nascondere non è il problema è la soluzione, e le imprese crescono finchè riescono a nascondere. Perchè dopo arriva sempre qualcuno che gli dice cosa devono fare, per il loro bene, per carità. Anche l'ace fa parte di questa via statalista allo sviluppo, indotto per decreto  legge, così in conferenza stampa si potrà dire ho fatto  qualcosa per lo sviluppo "l'Ace agevolazioni  crescita economica"!. Mentre le cose da fare erano molto più semplici, cioè far funzionare quello che è pubblico, a cominciare dalla richiesta delle imposte,  e non dare fastidi inutili per dire qualcosa in conferenza stampa. Quello di cui le aziende avevano  bisogno era un riconoscimento di ruolo, non che la politica scegliesse cosa va bene per loro. E lo scegliesse in modo sbrigativo. Ci poteva anche stare una nuova DIT, ma avrebbe dovuto  cessare il tutoraggio fiscale alle azienda di grandi  dimensioni, quellasciocca ispezione annuale che inevitabilmente si risolve nei processi verbali di disquisizione; ormai -finito  il tempo dei modi legittimi per risparmiare le imposte- delle operazioni tax driven di elusione fiscale, finisce ormai per dare luogo a veri e propri processi verbali di disquisizione senza filo conduttore, e proprio per questo incontestabili. perchè non si sa come prenderli. E che proprio per questo diventano  un incubo, una epifania di un rapporto ingestibile con la burocrazia. E un ostacolo a un più razionale razionale uso delle risorse investigative del fisco. Sarebbe bastato  l'obbligo  di redigere le statistiche dell'agenzia delle entrate e della guardia di finanza distinguendo le maggiori  imposte accertate a seguito di reinterpretazione di circostanze dichiarate, o comunque palesi, dalle maggiori imposte accertate per la scoperta , anche presuntiva, di ricchezza non registrata. Cosa dovrebbero dire le aziende? Mi fai fare gratis da tuo esattore, bene, io produco marmellate o pantaloni, e abbozzo...mi dici anche che sono un criminale, e mi fai sorvegliato speciale col tutoraggio del pastore idiota (quello che sorveglia i cani mentre le pecore scappano), e abbozzo pure, perchè io produco merci  non faccio pedagogia sociale, non sai richiedere le imposte, non mi sai neppure utilizzare per richiederle, mi fai perdere tempo su adempimenti che non ti servono. Ora mi dici anche cosa va bene per me....forse i produttori dovrebbero rispondere alla politica-burocrazia con la frase scurrile di paolo hendel alla fine del suo spot su Ace a proposito della zia marta (pensa ai fatti tuoi stronza..)

Commenti

avatar Giuseppe Gargiulo
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Solo per rammentare - per mero dovere di cronaca (atteso che non esiste "diritto senza storia") - che la colpa dell'ACE (se di colpa si può parlare) non è del governo Monti, ma, credo, del precedente governo Berlusconi (e del conseguente omaggio che il medesimo governo Monti ha dovuto rendere alle forze politiche di maggioranza che sostenevano in parlamento il precedenet governo) . Infatti, è noto a tutti che già l'ultima bozza di legge delega per la riforma fiscale varata dall'ultimo governo berlusconi il 30 giugno 2011 (quella per intederci che aveva sollevato la famosa polemiche del "copia ed incolla" rispetto alla delega del 2003 ), prevedeva e prometteva alle imprese (quelle di grandi dimensioni, atteso che le piccole nenanche se ne accorgereanno) come uno dei suoi punti cardine per lo sviluppo (sic!!) , una tassazione ispirata al modello noto in letteratura come Ace (Allowance for Corporate Equity), il quale peratro era stato richiesto a gran voce da tutte le rappresentanze di categoria delle grandi imprese (assonime, ania, abi, etc.) in sede di audizioni della Commissione Biasco , che costituisce di fatto una riformulazione, più generosa, della Dit eliminata proprio dal governo Berluscono Tremonti a partire dal 2001. Perché non ci si accorgesse di questo ripensamento, l’Ace è stata però mascherata ed è divenuta acronimo di “Aiuto alla crescita economica”....come dire: il potere magico e purificativo delle parole su cui Raffaello ha saputo sarcasticamente ironizzare....
Atteso che la ACE mi sembra un premio fiscale soprattutto per le grandi imprese (quelle che Raffello ci ricorda essere i veri esattori del fisco), considerato che che le piccole imprese del nostro paese neanche se ne accorgeranno di questo provvedimento, mi viene solo da domandarmi, nella prospettiva avanzata da Raffalleo, se l'ACE non sia stato pensata proprio come riconoscmento e premio fiscale per il ruolo di grandi esattori per conto del fisco che tali "grandi imprese" svolgono e del contributo rilevante che essi danno al funzionamento della organizzazione sociale.
L'ACE non mi sembra pensata, nelle intenzioni del governo, come volano per lo sviluppo delle piccole e medie imprese , le quali, come ci ricorda bene Raffaello, agli effetti di questi meccanismi premiali fiscali sono del tutto insensibili, atteso che il loro comporatmento fiscale e le dinamiche del loro sviluppo sono legate a fattori ben diversi (rispetto al benefifcio fiscale che può dargli l'ACE). Ma di questo credo che anche il governo Monti fosse ben consapevole e l'ACE non credo si stata pensata per risolvere incentivare i problemi di "tax compliance" e/o di sviluppo di questi soggetti econimici di piccole e medie dimensioni (anche se formalmente rivolta anche a loro). A quei problemi va data, all'evidenza, una diversa risposta, come ci ricorada Raffaello, che spero ( da cittadino) non mancherà di arrivare, parallelamente all''aumento di consapevolezza nella opinione pubblica sulle variabili fondamentali che determinano il successo e l'insuccesso della c.d. "tassazione attarverso le aziende".
avatar alessandro.santoro
+1
 
 
Condivido le perplessità di Raffaello sul timing della misura e quelle di Gargiulo sugli effetti. Ricordo discussioni animate con alcuni fieri sostenitori della Dit perché, numeri ministeriali alla mano, a me pareva evidente che l'effetto della dit fosse stato del tutto selettivo e limitato ad imprese di grande dimensione. Ma il problema principale fu che, non esistendo (almeno originariamente) vincoli dal lato dell'attivo, veniva utilizzate per fare di tutto, comprese (e forse prima di ogni altra cosa) acquisizioni di partecipazioni. Cercammo di mettere un freno a questa cosa nel 2001, ma poi la norma fu abrogata e quindi è difficile dire se quel freno avrebbe funzionato.
Sul timing, inoltre, mi viene un'interpretazi one maliziosa: considerati gli incrementi di patrimonio richiesti dall'Eba alle banche italiane (discutibili quanto si vuole, per carità) l'Ace non serve semplicemente a fiscalizzarli, almeno in parte?
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