Se il debitore non paga il minore importo transatto viene meno la perdita su crediti? StampaLoading...
Tassazione societaria
Scritto da Raffaello Lupi   
Venerdì 29 Aprile 2016 06:06

Per fare un risultato di servizio gli  uffici tributari italiani si attaccano a qualunque cavillo passi  loro per le mani, come questa singolare contestazione interpretativa a fronte di una precedente perdita su crediti da transazione, che non viene contestata. Viene però accertata ex post, proprio per il mancato adempimento della transazione da parte del debitore, una fantomatica sopravvenienza attiva, come se il credito fosse stato invece integralmente recuperato. La ragione della fantomatica sopravvenienza attiva sarebbe paradossalmente , secondo l'ufficio,

il mancato  pagamento della minor somma che il creditore, in sede transattiva, aveva accettato di ricevere, rinunciando alla differenza. Ovviamente la transazione è sinallagmatica, nel senso che il creditore rinuncia ad una parte del credito a fronte del pagamento dell'altra parte di esso. Quando neppure il pagamento parziale viene effettuato, il creditore ha diritto di richiedere di nuovo l'intero credito, e di insinuarsi per l'intero credito al passivo fallimentare. Da questa possibilità di richiedere di  nuovo tutto al debitore insolvente, l'agenzia delle entrate fa discendere una sopravvenienza attiva come se l'intero credito fosse stato recuperato. Su questo  vero e proprio paradosso gli uffici sostengono una rettifica persino  in commissione tributaria. Fortunatamente perdendo, almeno stavolta, ma di rettifiche così ce ne sono tante. E' una conferma di rettifiche senza senso tipiche di una materia svuotata di senso, che non dipendono dagli uffici ma dalla mancanza di una spiegazione d'insieme della determinazione dei tributi. Dietro alla contestazione c'è tutto il formalismo avvocatesco del diritto civile, trasferito meccanicamente in materia tributaria senza tener conto della diversa funzione istituzionale svolta. Le conclusioni sono assurde sul piano della funzione istituzionale tributaria, che è di determinazione della ricchezza, come base di commisurazione delle imposte. Gli uffici non c'entrano, sono malattie mentali che partono dall'accademia, come ho scritto al par.4.3 di  diritto  amministrativo dei tributi. Il settore è ormai ridotto a una sceneggiata dalla scientificità esteriore accademica, dalla praticità esteriore dell'editoria, dal sensazionalismo dei media a partire dal sole24ore,  dal praticismo della professione, che complica questioni semplici, perchè così ci si fa pagare di più. Perchè quindi gli uffici dovrebbero privarsi di un'occasione di lavoro già fatto?. Perchè abbandonare una pratica già partita, dovendone intraprendere un'altra?  E' una degenerazione partita dall'accademia, e che trasforma il diritto tributario in una gigantesca sceneggiata svuotata di senso. Tanto il controllo sociale sullo svolgimento della funzione tributaria spetta alla pubblica opinione, che non capisce certo queste cose!

Commissione tributaria provinciale di Messina, sez. II, 23 settembre 2015 – 28 settembre 2015, n. 6710 - Pres. e rel. Sturniolo

 

La transazione con cui una società creditrice, preso atto della crisi di liquidità del debitore, accetta la definizione del rapporto giuridico con il pagamento di una somma inferiore rispetto al suo credito effettivo costituisce un elemento certo e preciso per dedurre fiscalmente la perdita. L'inadempimento del debitore all'obbligo di pagamento assunto con la transazione, e la conseguente "richiesta dell'intero credito non configura una sopravvenienza attiva, ai sensi dell'art. 88 TUIR n. 917/86, per insussistenza della perdita dedotta in precedenza.

Svolgimento del processo

Preliminarmente, su richiesta delle parti, i ricorsi n. 2243/14 e 2245/14 sono riuniti per connessione oggettiva.
Con i ricorsi in epigrafe i ricorrenti si oppongono avverso l'avviso di accertamento relativo ad IRES, sanzioni ed interessi notificato il 03-04-2014 per il periodo d'imposta 2010 e con il quale viene richiesta una maggiore imposta di € 236. 199,00, sanzioni per € 236.199,00 e interessi per € 26.298,98.
I ricorrenti rilevano che nel corso di diversi anni la società "O.M. s.r.l." aveva fornito olii per uso alimentare alla società "O.F.A. s.r.l".
Per tali cessioni la società "O.M. s.r.l" vantava un credito pari ad euro 1.405.064,53. Nell'anno 2008, non avendo il debitore pagato nei termini convenuti, la società creditrice citava in giudizio la società debitrice.
Nel corso di tale giudizio le parti sottoscrivevano una transazione(15 luglio 2009) con cui rideterminavano il debito e la parte debitrice si obbligava a pagare la somma di € 400.000,00.
A seguito dì tale atto transattivo la società "O.M. s.r.l." n'levava in contabilità la perdita sul credito vantato nei confronti della società "O.F.A. s.r.l." per un ammontare pari alla differenza tra il credito originariamente vantato (€ 1.405.064,53) e l'importo rideterminato con la transazione (€ 400.000,00).
La transazione prevedeva, inoltre, che il mancato pagamento di una sola rata costituiva grave inadempimento e che, di conseguenza, la società creditrice avrebbe potuto pretendere /'intero debito.
La transazione non veniva rispettata dalla parte debitrice, la società, quindi, notificava alla Oleifici f.lli Amato, unitamente al verbale di transazione, l'atto di precetto munito di formula esecutiva ricevuto dalla controparte in data 7-01-2011.
Le parti concludevano un secondo accordo transattivo in data 6.5.2011 e, successivamente, in data 13 giugno 2012 veniva emessa nei confronti della società debitrice una sentenza di fallimento.
I ricorrenti eccepiscono la nullità dell'avviso di accertamento in conseguenza dell'assenza di prova circa l'esistenza di un valido provvedimento di delega a sottoscrivere l'atto conferita ad altro funzionario; eccepiscono la nullità dell'atto in quanto la verifica fiscale avrebbe superato il termine di durata previsto dalla legge; l'Ufficio non avrebbe fornito nessun tipo di motivazione alle verbalizzate richieste del contribuente; l'Ufficio considera che il ritorno in bonis del credito stralciato nell'anno 2009, a causa dell'inadempimento del debitore all'atto di transazione e del successivo atto di precetto che nell'anno 2010 ha formalizzato l'inadempimento, costituisce sopravvenienza attiva ai sensi dell'art. 88 del TUIR; la società in merito eccepisce che la sopravvenienza attiva si realizza solo al momento della riscossione del credito già considerato inesigibile; nella specie, a fronte della perdita su crediti, dedotta nel periodo d'imposta 2009, nel 2010 non si è avuta nessuna riscossione dello stesso, ma solo l'inadempimento della transazione da parte della società debitrice; la circostanza che la transazione non sia stata rispettata non determina l'insorgere di una sopravvenienza attiva, al contrario, deve ritenersi che l'inadempimento della transazione rappresenta un ulteriore elemento "certo e preciso" che conferma l'insolvibilità della società debitrice; i ricorrenti hanno avuto certezza della irrecuperabilità del credito, dal mancato adempimento della seconda transazione del 6 maggio 2011 e successivamente in data 13 giugno 2012 con la sentenza dichiarativa di fallimento; concludendo i ricorrenti citano la sentenza della CTC n. 898/1997 e numerosa dottrina dalle quali si evince che le sopravvenienze attive sono imputabili secondo il criterio di cassa; infine eccepiscono che l'inadempimento delle obbligazioni assunte con l'atto di transazione non viene formalizzato con la redazione dell'atto di precetto il 15-12-2010, bensì nel momento in cui viene ricevuto dal destinatario il 07-01-2011, solo in tale momento si perfeziona il rapporto giuridico, per cui è illegittimo l'atto impugnato per violazione dell'anno di competenza.
L'Agenzia delle entrate deduce che l'atto impugnato risulta legittimamente sottoscritto ed allega la copia del conferimento di deleghe di firma del 12.02.2014; il termine di permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente è stato rispettato in relazione alla effettiva permanenza ed in ogni caso detto termine è ordinatorio; il recupero della sopravvenienza attiva è stato effettuato nel rispetto dell'art. 88 TUIR n. 917/86

Motivi della decisione

I ricorso appare alla Commissione fondato ed è accolto per il seguente motivo relativo ad eccezione assorbente:
La Commissione osserva che la circostanza che la transazione non sia stata rispettata no'n determina l'insorgere di una sopravvenienza attiva, al contrario, deve ritenersi che l'inadempimento della transazione rappresenta un ulteriore elemento "certo e preciso" che conferma l'insolvibilità della società debitrice.
Inoltre, l'inadempimento delle obbligazioni assunte con l'atto di transazione, non viene formalizzato con la redazione dell'atto di precetto il 15-12-2010, bensì essendo atto recettizio nel momento
in cui viene ricevuto dal destinatario il 07-01-2011, solo in tale momento si perfeziona il rapporto giuridico e l'atto produce i suoi effetti nella sfera del terzo, per cui è illegittimo l'atto impugnato per
violazione dell'anno di competenza.
Il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, comma 1, applicabile all'epoca in tema d'imposte sui redditi d'impresa, dopo aver fissato il principio generale, tassativo ed inderogabile (Cass. n. 17195/2006), "di competenza" (per cui ricavi, spese ed altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza e non possono essere imputati ad altro esercizio), stabilisce che "tuttavia" tali componenti, se nell'esercizio di competenza non ne sia "certa l'esistenza" o "determinabile in modo obiettivo l'ammontare", concorrono a formare il reddito "nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni.
L'onere di provare la sussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità delle componenti del reddito in un determinato esercizio incombe all'amministrazione finanziaria per quelle positive ed al contribuente per quelle negative; in particolare, nel caso in cui detti requisisti siano condizionati
dall'espletamento di procedure, essi si intendono acquisiti, ai fini dell'imputazione del reddito corrispondente ad un determinato esercizio dell'impresa, solo attraverso il procedimento che ne
verifica i presupposti e ne liquida l'ammontare.
Il comma 1 dell'articolo 109 del TUIR prevede che:
"I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito di esercizio nell'esercizio di competenza (civilistica); tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell'esercizio di competenza non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare concorrono a formare il reddito nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni". Secondo la Commissione, con riferimento ai componenti positivi si deve tenere conto della disposizione del numero 1 e 2 del primo comma dell'articolo 2423-8is del c.c. , espressione del principio di prudenza, la quale prevede che: "si possono indicare esclusivamente utili realizzati alla data di chiusura" (non posso tenere conto degli utili solo potenziali alla data di chiusura - solo gli utili certi alla data di chiusura dell'esercizio devono essere imputati al conto economico). Per quanto sopra emerge che, ai sensi del codice civile, i proventi e gli oneri devono essere rilevati sempre per competenza economica, tenendo conto anche dei rischi e delle perdite correlate ad eventi avvenuti entro la data di bilancio ancorché
conosciuti successivamente a tale momento.
Ne deriva che in applicazione dei principi esposti:
• i componenti negativi devono essere rilevati anche se presunti;
• i componenti positivi devono essere rilevati unicamente se realizzati.
La dottrina prevalente ritiene che se i requisiti della certezza o della obbiettiva determinabilità mancano nell'esercizio di competenza (alla data di chiusura di bilancio), allora i relativi ricavi, spese e componenti positivi e negativi di reddito devono concorrere a formare il reddito imponibile nell'esercizio in cui tali condizioni si verificano. Non vi è dubbio che il primo comma dell'articolo 109 del TUIR esprime una deroga al postulato della competenza civile richiedendo un quid pluris al
componente economico, quello della riconducibilità a fatti e circostanze che attribuiscano allo stesso la certezza nell'esistenza (l'an) e la reale. possibilità di traduzione in espressione numerica dell'accadimento stesso (il quantum).
Tale deroga, opera quindi una distinzione nella determinazione del reddito, civile e fiscale, con riferimento a quei componenti che devono essere rilevati nella formazione del bilancio in ragione delle valutazioni riconducibili ai rischi e alle perdite relativi ad accadi menti non certi e non obbiettivamente determinabili ma solo stimabili.
Va fatta quindi una distinzione tra componenti positivi e negativi di reddito.
Il principio di prudenza, prescritto dalle norme civili di redazione del bilancio, impone la rilevazione dei soli utili realizzati; ciò implica l'impossibilità di iscrivere utili semplicemente stimati; ne deriva che: i ricavi e i proventi che possono essere rilevati in bilancio devono, con riferimento alla data di chiusura dell'esercizio, essere riconducibili a fenomeni aziendali definitivamente formati e traducibili in espressione numerica, in altri termini i ricavi rilevabili in bilancio devono essere riconducibili a proventi realizzati.
A maggior ragione nella specie la sopravvenienza attiva accertata non risulta realizzata, dovendo essa conclamarsi, a parere del Collegio, nell'anno di effettivo incasso. Le somme stralciate nell'anno 2009 come perdite certe da crediti inesigibili non sono state dall'Ufficio a suo tempo rettificate con proprio atto di accertamento. Pertanto queste perdite che nel 2010 l'Ufficio considera sopravvenienze non hanno subito nel predetto anno alcuna modificazione giuridica e si ribadisce la circostanza che la transazione non sia stata rispettata non determina l'insorgere di una sopravvenienza attiva, al contrario, deve ritenersi che l'inadempimento della transazione rappresenta un ulteriore elemento "certo e preciso" che conferma l'insolvibilità della società debitrice.
Per quanto esposto la Commissione accoglie il ricorso e compensa le spese di giudizio, nella considerazione che la questione può essere ritenuta controversa, in assenza di indicazioni giurisprudenziali univoche.
P.Q.M.

La Commissione tributaria provinciale accoglie il ricorso ed annulla l'atto impugnato; compensa le spese di giudizio

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