IRAP e non organizzati: la sentenza riguarda il collaboratore e la motivazione riguarda lo studio |
Tributi minori | |||
Scritto da Raffaello Lupi | |||
Lunedì 07 Novembre 2011 21:51 | |||
La sentenza in esame, conoscendo il funzionamento dell'IRAP per gli studi associati, ha una interpretazione univoca, ma la sua lettura oscilla continuamente tra riferimenti al reddito dello studio associato e a quelli del collaboratore. Se si presuppone che ai fini Irap è lo studio associato il soggetto passivo del tributo si comprende che la sentenza non si riferisce a un ricco
socio dello studio, bensì ad un collaboratore, cui magari era stata fatta prendere la partita iva per una posizione essenzialmente da dipendente, salvo non avere gli orari e le tutele dei dipendenti medesimi. Non sembra che la sentenza contenga una motivazione di questo equivoco tra "reddito proveniente dallo studio" , una volta coperti i costi, e quindi organizzato, e reddito semplicemente pagato dallo studio, ma ad un soggetto sprovvisto di autonoma organizzazione. Come se un tassista che percepisce corrispettivi solo da una grande azienda diventasse organizzato solo perchè il reddito è erogato da una struttura organizzata!!. L'equivoco insomma si percepisce, perchè la sentenza riguarda il collaboratore, ma la motivazione riguarda lo studio!! E' una curiosa dissociazione tra motivazione, tutta improntata sullo studio, e sentenza , che riguarda il collaboratore!! leggete questo pezzo palesemente riferito allo studio associato Va rilevato, infatti, che l’esercizio in forma associata di un’attività Ord. n. 20499 del 6 ottobre 2011 (ud. del 5 luglio 2011) della Corte Cass., Sez. tributaria – Pres. Lupi, Rel. Valitutti Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) – Professioni liberali – Studio associato – Autonoma organizzazione – Presunzione – Sussiste Massima - L’esercizio della professione liberale in forma associata costituisce elemento di per sé sufficiente per la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione ai fini dell’applicazione dell’Irap. Osserva - - Rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: "Con sentenza n. 101/20/08, la CTR della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Milano *1*, avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto dall’Avv. G.D.P., nei confronti del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRAP versata negli anni 2001, 2002 e 2003. Il giudice di appello riteneva, invero, mancante - nel caso di specie - il requisito essenziale per l’applicabilità dell’IRAP, costituito dall’abituale esercizio di un’attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, per essere il D.P. inserito in uno studio legale associato. Avverso la sentenza n. 101/20/08 ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi, con i quali deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia. L’intimato ha replicato con controricorso. Il ricorso appare manifestamente fondato, in relazione ad entrambe le censure. Ed invero, l’impugnata sentenza fonda il rigetto dell’appello dell’Ufficio unicamente sul presupposto dell’ inserimento del D.P. in uno studio legale associato, il che comporterebbe, ad avviso della CTR. l’assenza del requisito dell’abituale esercizio di un’attività autonomamente organizzata, essenziale ai fini dell’applicabilità dell’IRAP. Tale assunto si palesa, ad avviso della Corte, del tutto infondato. Va rilevato, infatti, che l’esercizio in forma associata di un’attività liberale è circostanza di per sè idonea a far presumete l’esistenza di un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi, nonchè dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze; sicchè può ritenersi - salvo prova contraria da parte del contribuente - che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità del singolo collaboratore (Cass. 24058/09, 15370/07). Nel caso concreto, la CTR ha escluso l’applicabilità dell’IRAP sulla base del mero dato dell’essere il D.P. collaboratore di uno studio legale associato, senza dare in alcun modo atto degli eventuali elementi di prova che potevano indurre l’organo giudicante a ritenere che il reddito dal medesimo prodotto non fosse in alcun modo ascrivibile all’organizzazione costituita dal predetto studio associato. E ciò, in special modo a fronte delle allegazioni dell’Ufficio - dettagliatamente riportate nel ricorso - secondo cui il D.P. aveva percepito redditi cospicui dallo studio associato, con indicazione specifica degli elementi dai quali tale elevata redditualità, imputabile all’organizzazione, poteva desumersi. Di conseguenza, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1. - che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti; - che non sono state depositate conclusioni scritte dal p.m., mentre ha depositato memoria l’intimato; considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, senza che a diversa conclusione siano idonee ad indurre le argomentazioni svolte nell’anzidetta memoria. Ed invero, va ulteriormente ribadito che l’esercizio in forma liberale di un’attività associata costituisce una circostanza di per sè idonea a far presumere l’esistenza - ai fini dell’applicabilità dell’IRAP - di un’autonoma organizzazione, presupposto essenziale dell’imposta, ed a far escludere - in difetto, come nel caso di specie, di elementi di prova di segno contrario - che il reddito sia prodotto esclusivamente per effetto della professionalità del singolo collaboratore. P.Q.M. - La Corte di Cassazione; accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; condanna il controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00, oltre spese prenotate a debito; dichiara compensate le spese dei gradi di merito.
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